FAQ sulla Termoregolazione e Contabilizzazione
No, non è una novità. Le Direttive europee hanno sempre indicato la fatturazione individuale dei consumi come uno strumento per responsabilizzare l’uso dell’energia e quindi ridurre gli sprechi. Per prima lo chiese la direttiva europea SAVE del 1993. Siccome non prevedeva sanzioni, rimase inapplicata.
In Lombardia la termoregolazione e contabilizzazione individuale dei consumi negli edifici serviti da impianti centralizzati era stata richiesta già alcuni anni fa. Poi è arrivata una “sospensione delle sanzioni” che ha avuto l’effetto di una proroga. In Piemonte l’analogo obbligo è stato seguito da una proroga. In entrambi i casi la proroga ha avuto l’effetto di interrompere l’installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”La termoregolazione e contabilizzazione fanno davvero risparmiare? “] É assodato che in presenza di impianti centralizzati, il primo intervento da eseguire se davvero si vuole perseguire il risparmio energetico è proprio l’installazione, ove mancanti, di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione. Si tratta di interventi che sono anche economicamente efficaci laddove non ci siano particolari difficoltà realizzative. In condizioni normali, una stima prudenziale indica un tempo di ritorno di circa 5…7 anni, senza contare eventuali incentivi. Si tratta di tempi di ritorno accettabili, tenuto conto anche che in assenza di termoregolazione e contabilizzazione la coibentazione di parti dell’edificio e/o la sostituzione di infissi possono portare un po’ di confort in più ma poco o punto risparmio energetico. [/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Serve sempre il progetto?”]Certo che si. Qualunque opera di modifica di un impianto di riscaldamento è soggetto a progettazione obbligatoria sin dai tempi della legge 10/91 (da quasi 25 anni!).
Non si tratta qui di difendere un obbligo formale. Si tratta dell’obbligo sostanziale di “pensare prima di fare”, particolarmente importate dato il contenuto tecnico dell’intervento.
Il progetto dell’impianto di contabilizzazione, fra le altre cose, deve contenere la descrizione del metodo di calcolo da adottare per effettuare la contabilizzazione secondo la norma UNI 10200, tenuto conto delle apparecchiature installate.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Come si riconosce un progetto ben fatto?”]Un documento si considera ben fatto se chi lo deve leggere trova e comprende ciò che gli serve.
Nel caso del progetto dell’impianto di contabilizzazione occorre verificare se il progetto risponde a queste domande in modo comprensibile all’amministratore ed ai singoli condomini:
- Che potenza ha ciascun corpo scaldante (nel caso di installazione di contatori sui singoli corpi scaldanti)?
- Come si fa il conteggio della ripartizione dei costi?
- Come si applica la UNI 10200 nel caso specifico?
- Quanto valgono i nuovi millesimi?
- Come si determina la quantità di calore prodotta dal generatore ogni anno (il cosiddetto “consumo totale“) ed oggetto di ripartizione?
- Come si ripartisce il consumo totale in consumo volontario e consumo involontario?
il tutto riferito all’ impianto specifico, in quanto le riposte ai quesiti precedenti dipendono tutte dalla tipologia di impianto ed anche dalle apparecchiature effettivamente installate.
Se la risposta è affermativa per tutte queste domande, allora siamo in presenza di un buon progetto. In caso contrario occorrerà integrarlo o… farlo rifare.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”I coefficienti correttivi si possono usare?”]I più preoccupati per questa novità sono gli abitanti dei piani estremi, ultimo piano e primo piano su garage o pilotis.
Il Dlgs 102/14, all’art 9 comma 5, lettera d) recita: “… l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla norma tecnica UNI 10200 e successivi aggiornamenti…”.
Al successivo articolo 16 vi è la sanzione da 500 a 2500 Euro per il condominio che ripartisce le spese in maniera difforme.
A nostro avviso era abbastanza difficile essere più chiari: si deve far riferimento ai consumi volontari (calore erogato dai corpi scaldanti) effettivi, cioè non corretti.
La nostra opinione è quindi che i coefficienti correttivi non si possano usare, per esplicita prescrizione della legge di usare i consumi volontari effettivi.
A conferma di questa conclusione si può anche osservare che il ricorso ai coefficienti correttivi tende a far pagare il confort goduto. La legge invece parla sempre esclusivamente di pagamento in base ai “consumi di energia”, indipendentemente dalla destinazione finale e dell’utilizzo del calore che il condomino preleva dall’impianto: chi decide di prelevare calore dall’impianto paga. In ciò non vi è nulla di diverso da quello che accade con impianti autonomi. Non si è mai visto che un condomino dell’ultimo piano chieda quello del piano sottostante un contributo per la sua fattura del gas.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”I contaore si possono ancora utilizzare?”]I semplici “contaore” non misurano l’energia consumata.
Vanno quindi sostituiti con contacalorie entro il 31/12/2016.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”A cosa servono i millesimi di riscaldamento e di acqua calda sanitaria?”]I “millesimi” di riscaldamento e di acqua calda sanitaria servono a ripartire il costo del consumo involontario fra i condomini.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Come si calcolano i millesimi di riscaldamento?”]In presenza di termoregolazione, i millesimi di riscaldamento si calcolano in proporzione ai “fabbisogni di energia utile per riscaldamento” determinati con la specifica tecnica UNI-TS 11300-1. È la prima parte del calcolo di un certificato energetico.
Il “fabbisogno di energia utile per riscaldamento” di una unità immobiliare è la quantità di calore che servirebbe, in un anno con clima standard, per mantenerla a 20 °C costanti. Dipende quindi:
- dalle dispersioni di calore (quindi aumenta con la superficie esposta all’esterno o verso locali non riscaldati)
- dagli apporti solari ed interni (quindi diminuisce quando l’esposizione è buona)
E’ un dato che si deve necessariamente trovare nel progetto dell’impianto di contabilizzazione.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Si possono mantenere le vecchie tabelle millesimali di riscaldamento”]No, a meno che fossero già conformi alla norma UNI 10200 attuale, cioè praticamente mai.
Per ripartire i costi del riscaldamento centralizzato, in passato sono stati utilizzati millesimi basati su superfici o volumi riscaldati, potenza dei corpi scaldanti ed altro. Ciò era possibile in quanto il criterio indicato dal codice civile (uso potenziale dell’impianto) era drogabile.
Ora il Dlgs 102/14 è una legge non derogabile, quindi non è possibile fare diversamente. Occorre quindi utilizzare i millesimi definiti nella norma UNI 10200, pena sanzione da 500 a 2500 Euro.
NOTA: quando una legge è “non derogabile”, non ci si può mettere d’accordo diversamente. Ad esempio, non è possibile stabilire per regolamento condominiale che la temperatura massima in casa è 25°C, in deroga DPR 74/13 (ex DPR 412/93). Per gli stessi motivi non si può più utilizzare un criterio di ripartizione deciso in autonomia , quindi occorre necessariamente utilizzare i millesimi specificati dalla norma UNI 10200 in quanto richiamata dal Dlgs 102/14.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Come si calcolano i millesimi di acqua calda sanitaria?”]I millesimi di acqua calda sanitaria si calcolano in proporzione ai fabbisogni di energia utile per acqua calda sanitaria determinati con la specifica tecnica UNI 11300-2.
E’ un dato che si deve trovare nel progetto dell’impianto di contabilizzazione.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Non ho usato acqua calda sanitaria però mi trovo un importo da pagare, è corretto?”]Si, se l’impianto è centralizzato.
Secondo la UNI 10200 sono “consumo involontario” tutte le dispersioni di calore del bollitore e della rete di distribuzione comune, fino al contatore della singola unità immobiliare.
Se un condomino non preleva acqua calda sanitaria (ad esempio perché l’appartamento è vuoto) non pagherà alcun importo per consumo energetico volontario ma è comunque tenuto a pagare la sua quota millesimale di consumo involontario. In sostanza il servizio di “tenere il bollitore e la rete caldi perché chiunque possa prelevare acqua calda sanitaria” va pagato comunque, anche se uno non utilizza acqua calda sanitaria.
NOTA: E’ lo stesso concetto per il quale nella bolletta elettrica o del gas c’è la quota per “potenza impegnata”.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Che cos’è la preregolazione delle valvole termostatiche?”]La preregolazione delle valvole è una funzione che permette di limitare la portata massima di acqua circolante nella valvola stessa. E’ una specie di limitazione dell’apertura della valvola (attenzione: non si tratta di una limitazione all’impostazione della temperatura). Serve ad evitare problemi di funzionamento dell’impianto ad ogni avviamento dopo uno spegnimento e durante il funzionamento attenuato. In queste condizioni, infatti, le valvole tendono ad aprirsi completamente e quindi la portata della pompa sarebbe scaricata dalle valvole più vicine alla caldaia, lasciando freddi i radiatori più grandi e/o più lontani.
Una volta superato il transitorio di ripresa, le valvole bilanciano automaticamente l’impianto.
Attenzione: se sono installate valvole senza preregolazione, sono molto probabili forti squilibri dell’impianto al momento della riaccensione dell’impianto dopo lo spegnimento notturno e/o durante il funzionamento attenuato. La preregolazione delle valvole termostatiche è quindi necessaria per tutti quegli impianti centralizzati che non funzionino 24/24.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Da quando ho le valvole termostatiche ho freddo …”]Per prima cosa verifichi che non si tratti solo di una sensazione, controllando la temperatura ambiente a circa un metro e mezzo di altezza sul pavimento con un buon termometro, meglio se digitale, appeso in posizione rappresentativa, al riparo dai raggi solari. Sarebbe buona norma avere un termometro in tutti i locali, per una più agevole regolazione della temperatura.
Se la temperatura è inferiore ai 20 °C o è dell’ordine dei 20 °C, ma preferisce comunque una temperatura un po’ superiore, posizioni la manopola della valvola verso un numero più grande.
Se invece la temperatura è inferiore a 20 °C ma la manopola è già posizionato su un numero pari a 4 o superiore e il radiatore è caldo anche nella parte più bassa significa che la temperatura dell’acqua calda di mandata dell’impianto dio riscaldamento è troppo bassa. Occorre quindi chiedere al manutentore di regolazione la compensazione climatica ad una temperatura un po’ superiore.
Questa temperatura è corretta quanto il locale è caldo, la valvola è regolata su una posizione intermedia (3-4) e la parte bassa del radiatore è sensibilmente più fredda rispetto alla parte alta.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Da quando ho le valvole termostatiche i radiatori sono spesso freddi nella parte inferiore. E’ normale?”]Si. L’acqua circola nell’impianto per trasportare il calore dalla caldaia all’ambiente che vogliamo riscaldare. La caldaia “carica” il calore nell’acqua dell’impianto, riscaldandola. L’acqua viene inviata verso l’edificio attraverso i tubi della rete di distribuzione. Nei radiatori il calore deve essere “scaricato” dall’acqua ed immesso nell’ambiente riscaldato. Il radiatore deve quindi riscaldare l’aria della nostra casa a spese del calore dell’acqua di impianto raffreddandola. Il radiatore è quindi contemporaneamente un “riscaldatore d’aria” ed un “refrigeratore dell’acqua di impianto”. Il fatto che radiatore sia più freddo nella parte bassa è quindi indice che… sta facendo il suo lavoro.
Se il radiatore è caldo nella parte bassa, significa solo che circola troppa acqua e questa non riesce a raffreddarsi attraversando il radiatore.
Solo se il radiatore è freddo in basso (= circola poca acqua) e fa freddo in casa, allora occorre cercare la causa di questa bassa circolazione d’acqua (ammesso che non sia la valvola termostatica su 1!).
Se il radiatore è freddo in basso (= circola poca acqua) e la temperatura in case è regolare ciò significa che la valvola termostatica sta facendo il suo lavoro.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Le valvole termostatiche fanno rumore, cosa può essere?”]La rumorosità delle valvole termostatiche è associata tipicamente a due fenomeni:
- un eccesso di pressione differenziale
- una portata d’acqua eccessiva
Più raramente è causata da risonanze fra valvole nelle tubazioni.
Il problema si risolve di solito con un rallentamento della pompa di circolazione associato ad un leggero aumento della temperatura di mandata.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Davvero serve cambiare le pompa quando si istallano le valvole termostatiche?”]Si, è necessario sostituire la vecchia pompa con una nuova elettronica a giri variabili correttamente dimensionata (spesso di portata 1/3…1/5 di quella originale) ed impostata.
Rispetto alla situazione precedente, l’installazione delle valvole termostatiche provoca il passaggio dal funzionamento:
- a portata costante e molto elevata, prima;
- a portata variabile e molto bassa, dopo.
Poiché la portata è variabile in quanto decisa dalle valvole termostatiche in funzione dei prelievi di calore, la pompa deve adeguarsi.
La pompa deve quindi essere cambiata con una dimensionata correttamente, indicativamente per un salto termico di 20 °C fra mandata e ritorno.
L’installazione di un inverter sulla pompa esistente è raramente una soluzione corretta perché rimane una pompa sovradimensionata ed i vecchi motori non sono tutti adatti al comando a frequenza variabile.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Davvero serve mettere le valvole termostatiche su tutti i radiatori?”]Si. Un radiatore privo di valvola termostatica ha una caratteristica idraulica troppo diversa da quello di una valvola termostatica per cui causa difficoltà di circolazione dell’acqua nelle valvole vicine.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”I ripartitori devono essere programmati?”]“Programmare i ripartitori” vuol dire memorizzare al loro interno la potenza del radiatore sul quale cono installati (parametro kQ). In questo modo le unità di ripartizione visualizzate sono un’approssimazione dell’energia erogata dai radiatori (cfr. EN 834:2013, introduzione).
L’alternativa è avere un valore di potenza del radiatore convenzionale (tipicamente 1kW) ed effettuare a fine anno la moltiplicazione della lettura delle unità di ripartizione per la potenza nominale del radiatore.
Se i ripartitori non sono programmati, l’utente non può effettuare la somma e quindi non può confrontare i suoi consumi con quelli degli anni precedenti.
La UNI 10200 richiede che i ripartitori siano programmati in chiaro.
A nostro avviso quindi i ripartitori vanno programmati con inserimento della potenza del corpo scaldante sul quale sono installati.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Il mio vicino ha abbassato la temperatura nel suo appartamento. Può farlo?”]Si. Perché i famosi 20 °C sono un valore massimo da non superare: se fosse un cartello stradale, 20°C sarebbe scritto in nero su fondo bianco con attorno un cerchio rosso (e non in bianco con fondo blu…).
Non vi è alcuna disposizione di legge che obblighi a tenere una temperatura minima in casa, fatto salvo il caso in cui ciò provochi danni (ad esempio il gelo).
Paradossalmente, se uno spegnesse completamente i suoi radiatori per pagare di meno, visto che l’obbiettivo dichiarato della legge è favorire la riduzione dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione, dovremmo concludere che la legge ha ottenuto in questo caso il massimo del risultato possibile.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Le regioni possono legiferare in merito alla contabilizzazione?”]La ripartizione dei costi del servizio riscaldamento riguarda i rapporti fra privati. Non risulta che le Regioni abbiano competenza su questa materia. Nel Dlgs 102/14 non è prevista alcuna “clausola di cedevolezza”, presente nella legislazione che riguarda la certificazione energetica ed i requisiti di prestazione energetica per gli edifici.
Il Dlgs 102/14 vale su tutto il territorio nazionale, salvo disposizioni più restrittive regionali.
[/et_pb_accordion_item][et_pb_accordion_item title=”Ho dei termoconvettori. Cosa devo fare?”]La prima scelta è senz’altro quella di sostituire i termoconvettori con radiatori. La ragione principale è che la potenza termica dei termoconvettori non è determinabile con il metodo dimensionale proposto dalla norma UNI 10200 e le misure non possono essere affidabili come per i radiatori.
Se i convettori sono tutti dello stesso tipo e non è disponibile un certificato di prova conforme alla norma EN 442 si può fare riferimento al catalogo del costruttore (se disponibile). Se il dato di potenza non è preciso, l’errore è costante per tutti gli utenti e quindi la ripartizione è accettabile. Si tratta comunque di una misura imprecisa e che richiede l’uso di ripartitori specifici con sonda separata.
Se non è disponibile il catalogo del costruttore, se i convettori sono di tipo diverso o, ancora peggio, se l’impianto utilizza radiatori in alcuni appartamenti e convettori in altre unità abitative, è d’obbligo la sostituzione dei convettori con radiatori (non importa di quale tipo). Diversamente, è quasi certo un successivo contenzioso per evidenti iniquità dei risultati della ripartizione.
Un ulteriore vantaggio della sostituzione dei termoconvettori con radiatori è dato dal miglioramento del benessere ambientale per opera della componente radiante, completamente assente nei convettori.
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